Ricerca

Recensione dell’Aiace di Sofocle

Recensione dell’Aiace di Sofocle alla 59ª stagione di rappresentazioni classiche al Teatro greco di Siracusa

Utente Anna L. Daniele

da Anna L. Daniele

Docente e referente

0

La rappresentazione tragica dell’Aiace sofocleo, messa in scena al teatro greco di Siracusa, ha emozionato tutti gli spettatori che vi hanno assistito. L’eroe greco, Aiace, lascia cadere la sua grandiosa virtuosità macchiando il suo nome, che sembra già voler preannunciare la sofferenza che si imbatterà sul suo portatore, della colpa che più veementemente gli dei greci condannavano: la ybris.

I corpi cadono, senza misura e inutili, per le azioni profonde e avverse degli dei. E Aiace è stato folle. […] Quando suo padre gli disse: “figlio, che tu sia il primo con la lancia ma sempre con il favore degli dei” lui spaccone e idiota rispondeva: “primeggia con il favore degli dei uno che non vale niente. Io la gloria, sono certo, la strapperò senza di loro”. Con queste parole s’è guadagnato l’ira intollerabile della dea […] Gli dei amano i saggi e odiano i malvagi.

L’intera rappresentazione attribuisce un ruolo fondamentale alla grandezza e alle fatali conseguenze che s’imbattono sugli uomini che agiscono coscienti di essere grandi. Aiace sarà posseduto da un dio, conoscerà la follia e la ancora peggiore lucidità a seguito del suo delirante genocidio di bestie. E il suo delirio sarà personificato da una muta divinità, dall’incarnazione della morte, che si aggirerà, incombente, intorno alla figura dell’eroe a lui speculare nei movimenti, come sua burattinaia, ma non come fautrice della sua morte. Aiace, infatti, il più virtuoso, sarà condannato, dopo la follia, all’umiliazione nel doversi rendere consapevole delle brutalità da lui compiute soggiogato dalla divinità, consapevole della sua stessa immagine fattasi deplorevole, animalesca, privatasi d’ogni pudore e virtù.

Con quale faccia andrò da mio padre? Come sopporterà di vedermi apparire nudo, senza onori? […] È una vergogna per un uomo implorare una vita lunga. Che me ne faccio del tempo che avvicina e allontana la morte? Alla stirpe dei nobili s’addice vivere con onore o con onore morire.

E sarà questa condizione ad indurlo al tragico gesto.

Così inevitabile sarà la morte di Aiace. E la rappresentazione del regista Luca Micheletti rende inequivocabili le cause che l’hanno indotta nella presenza scenografica dell’immenso scheletro trafitto da una spada: gli dei favoriscono coloro che riescono a farsi piccoli e condannano quanti vogliono sentirsi grandi.

Micheletti inoltre si distingue per la potente e incisiva interpretazione tragica, impreziosita da notevoli virtuosismi vocali.

Menzione speciale per l’ottima  performance di Roberto Latini, nei panni di una straniante Atena. Diana Manea commuove il pubblico con una recitazione grave ed emotivamente coinvolgente, ricca di pathos.

Notazione a parte merita il coro, diretto da Davide Cavalli, che ha costituito, con i suoi movimenti precisi e sinergici, con i canti modulati sulla peculiarità delle varie scene, la struttura emotiva collettiva della tragedia, come nella migliore tradizione tragica.

La musica dal vivo, colonna sonora della rappresentazione composta da Giovanni Sollima, ha fatto vibrare la fatalità della grandezza e il timore degli dei in tutto il teatro, ha reso la tragicità delle scene e ne ha fatto brividi, ha trasmesso la forza comunicativa dell’opera prepotentemente. Le luci hanno contribuito in modo sostanziale alla resa delle scene, curate entrambe da Nicolas Bovey, forse con un indugio eccessivo sulla sanguinosità della vicenda. L’attenzione del pubblico è stata, dunque, calamitata con ogni mezzo, suscitandone, inevitabile, il trasporto emotivo.

 

Gaia Chiaramida

Fabrizia Cipriani Gianino

Circolari, notizie, eventi correlati